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| «testo» = Parlato "testo" = Pensato -testo- = Testi, lettere, citazioni, leggende, ricordi... testo = Rumori e suoni Silenzio. Buio. Le due uniche cose che ogni giorno qualsiasi cittadino erano quelle. Non c'era altro. Cittadino in quella città era sinonimo di schiavo. Resen voltò lo sguardo verso sinistra. Una grande finestra, ormai oscurata dall'immenso buio, era presente ora davanti ai suoi occhi. Alzò il pollice. Una piccola fiamma spuntò dallo stesso dito. Girò anche il busto e vide la scena che spesso poteva godersi. Alzò l'indice della mano destra. Un grido strozzato e un tonfo. Il fuggitivo era caduto, morto. Il cadavere, sui quarant'anni, era infilzato da una scheggia di fuoco proprio sul collo. Un minuscolo buco si era formato sul vetro di smisurate dimensioni. «Vieni a vedere, Minoss!» chiamò Resen con voce tranquilla e divertita. Pian piano il ghigno si estendeva sempre più sul suo volto. Minoss si lasciò andare. Una risata tranquilla e corta rimbombò per tutta la stanza per trasformarsi nel medesimo ghigno dell'amico e collega. Si sedettero ed immediatamente percepirono un sordo e fastidioso suono. Qualcuno bussava alla porta. Nessuno si alzò, Minoss aprì la porta con un soffio costante, lungo e deciso. Resen guardò strano gli ospiti. Un uomo di statura enorme e uno straniero che portava l'afro. Cinque fiamme per cinque dita. Era pronto ad ucciderli, chiunque fossero stati. Si calmò quando vide un inviato dal Re con una lettera per lui. "Cosa vogliono questi qua" pensò sbuffando Resen. Si alzò e andò a prendere la lettera, con sguardo serio e stufato. Chiuse violentemente la porta, quasi a romperla. Lesse la lettera in piedi e venti secondi dopo riaprì il portone. Gli stessi due strambi personaggi che intravide prima erano ancora sulla soglia. «Andiamo...» riferì loro prima di avviarsi lungo il carro. Minoss li seguì. Resen gli aveva spiegato tutto. Una sola sensazione provò Resen: Pena. Pena per quei due poveretti che dovette scortare. Nient'altro. Si poteva invece notare in Minoss una certa atmosfera di preoccupazione. I due personaggi completamente sconosciuti cominciarono a ridacchiare. Circa cinquanta schegge di giaccio li circondarono. I due tacquero mentre Minoss gli osservava con sguardo serio e minaccioso. Scavalcarono, l'obeso con evidenti problemi in più, le armi usate da Minoss per minacciarli. Finalmente raggiunsero il carro. Tutti in silenzio salirono. Nessuno aiutò l'uomo sovrappeso. Il carro era malandato, ma se fosse stato ben tenuto sarebbe stato bellissimo. Ormai niente in quella città era curato come una volta. Il vento gli soffiava negli occhi, ma Minoss e Resen si divertivano a respingerlo con i loro soffi Venti minuti dopo erano davanti alla locanda, tutti si guardarono attorno. Fiato sospeso. Solo ora Resen si era calmato. Aveva paura fino a cinque minuti fa. Trenta o più soldati per terra. Tre, solo tre ombre scure e paurose si intravidero. Sempre più vicine al loro carro. Solo in quel momento Resen capì cosa fosse la paura. I tre maghi più potenti al mondo, o almeno quello che affermava sempre lui stesso, sempre più vicine. Tutti scesero dal carro. Una grande battaglia colpì quella zona. Gocce di sudore scendevano dal volto di Resen. I battiti al massimo. Un millesimo di secondo equivaleva a un battito del suo cuore. Ogni volta che Minoss o Resen lanciavano un attacco, le ombre si muovevano velocissime. Tutto finì. Morì forse, eppure era davanti alla locanda. Paura. Preoccupazione. Paura di morire. «Ehi!» Un grido rimbombò nelle orecchie di Resen. Aprì gli occhi, le immagini ancora sfuocate. «A quanto pare hai avuto un incubo. E' la prima volta?» chiese con un ghigno di presa in giro rivolgendosi all'amico. «Cosa? Di avere paura? Ebbene sì» ammise con forza Resen. Per vendicarsi della presa in giro surriscaldò la mano e la pose delicatamente sul braccio del collega che urlò e, di sicuro non gli disse cose molto affettuose e amichevoli. Scesero tutti e quattro dal carro, Resen ancora sudato. Due minuti di cammino e qualche cittadino si presentò. «Con che coraggio girano di notte?» si chiese ironicamente Resen riferendosi ai cittadini che incenerì uno ad uno. Si misero a ridere entrambi. I due personaggi che dovevano scortare immobili e impauriti. Erano più di venti quelli che incerì Resen e più di dieci quelli che fece morire assiderati, in un blocco di ghiaccio, Minoss. Erano davanti alla locanda pochi minuti dopo. I due che avrebbero dovuto entrare immobili. «Aspettate un invito scritto per entrare?» chiesero all'unisono Minoss e collega. I due non se lo fecero ripetere due volte. Entrarono subito. Cinque secondi dopo Resen e l'amico ridevano di quei due, decisi a tornare di guardia.
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